giovedì 16 luglio 2009

Dieci mesi su un’isola deserta, con un maiale per amico

Xavier Rosset, moderno Robinson Crusoe, ritorna in Svizzera dopo quasi un anno di isolamento

L'isola di Tofua, nell'arcipelago delle Tonga
L'isola di Tofua, nell'arcipelago delle Tonga
MILANO -
Dopo 300 giorni di solitudine su un’isola del Pacifico, l’avventuriero Xavier Rosset è tornato alla civiltà. Lo avevamo seguito nella preparazione dell’impresa, in progetto fin da maggio 2008 ma iniziata ufficialmente nel settembre scorso. Il moderno Robinson Crusoe ha scelto di isolarsi per quasi un anno, mettendo alla prova la sua capacità di sopravvivere da solo in un ambiente incontaminato. E ha registrato l’avventura con una videocamera per poterne poi trarre un documentario.

IMPARARE A VIVERE - Partito con un equipaggiamento essenziale, che comprendeva l’immancabile coltellino svizzero, un machete e una videocamera con batteria a ricarica solare, nei dieci mesi di permanenza su Tofua, isolotto di 64 kmq nell’arcipelago di Tonga, è passato attraverso varie fasi di adattamento e psicologiche. Ogni tappa della sua avventura è stata documentata sul suo blog ufficiale, grazie agli aggiornamenti video inviati periodicamente da Rosset via telefono satellitare (anche questo compreso nell’attrezzatura in dotazione). Nelle prime settimane tutti gli sforzi di Rosset erano convogliati nel procurarsi da vivere. Sull’isola, coperta dalla foresta e popolata da maiali selvatici, ha dovuto imparare da capo tutte quelle tecniche di sopravvivenza che l’essere umano ha acquisito nel corso della storia ma che sono state per lo più dimenticate dall’uomo moderno. Si è costruito un riparo e ogni giorno si è procurato acqua e cibo (prevalentemente frutta, visto le difficoltà nel catturale i maiali). «È stata dura - racconta - senza la mia famiglia, la mia ragazza, i miei amici. C’era un sacco di solitudine».

DIFFICOLTÀ - Dopo due mesi di isolamento, e 18 chili in meno, il «naufrago» è stato costretto a contattare il suo medico per una serie di infezioni che rischiavano di compromettere irreparabilmente la sua salute. Nei mesi successivi si sono succedute esperienze indimenticabili e disavventure, come i violenti temporali nella stagione delle piogge e gli insetti velenosi. Ma niente è stato peggio che affrontare l’isolamento. Un espediente a questo problema è arrivato contemporaneamente alla soluzione che gli ha permesso di procurarsi cibo più adeguato: dopo sei mesi infatti Rosset è stato in grado di costruire una trappola per i maiali selvatici, che gli ha garantito una dieta più equilibrata.

L’AMICO DELL’UOMO - Nella trappola è finita anche una piccola maialina: «Non avrei potuto mangiarla perchè non c’era abbastanza carne, così l’ho tenuta con me». Per tre mesi il suino, chiamato Piggy, è diventato il migliore amico dell’uomo: «Era proprio come un cane, è stata una buona amica, anche se non le parlavo come faceva Tom Hanks con la palla (Wilson) in Castaway». Dopo otto mesi, finalmente, l’unico abitante di Tofua ha cominciato a sentirsi (quasi) a casa, passando la maggior parte del tempo a far niente, guardando l’oceano e le farfalle. In vista del ritorno alla civiltà, negli ultimi giorni le emozioni sono state contrastanti. La ripresa dei contatti umani è stato uno choc. Ma la nostalgia è durata poco, il tempo di una birra e qualche scambio di battute con le prime persone incontrate. Ci vorrà un po’ di tempo per riadattarsi ai ritmi della vita civilizzata e alle comodità, ma Rosset (per ora) non ha intenzione di allontanarsi dalla sua casa in Svizzera per un bel po’.

FONTE-www.corriere.it

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