domenica 29 novembre 2009

post 2


Ha fatto impazzire storici e linguisti di ogni Paese, ha resistito agli attacchi dei crittografi di eserciti e servizi segreti di mezzo mondo, ha sconfitto i più sofisticati software di decifrazione di codici, ha ammutolito scienziati e filosofi. È un piccolo volume formato da un centinaio di fogli scritti a mano, di cui non si conosce l’autore, né la data né il luogo di composizione: è conosciuto come «manoscritto Voynich», dal nome inglesizzato dell’antiquario russo di origini polacche Wylfrid Wojnicz che lo acquistò per il suo negozio londinese dai gesuiti del collegio di Villa Mondragone, a Frascati, nel 1912. Ed è considerato l’enigma letterario più sorprendente di tutti i tempi, il libro più misterioso della storia. Che nessuno è in grado di leggere.
Risalente a un periodo compreso fra la fine del Quattro e la prima metà del Cinquecento, scritto in una lingua misteriosa e indecifrabile, arricchito da numerose illustrazioni a colori di piante ignote ai botanici, animali rari, strane figure femminili, stelle e diagrammi, il «manoscritto Voynich» resiste da mezzo millennio a ogni tentativo di decodificazione e traduzione: ha battuto i geroglifici egizi, la scrittura cuneiforme, persino la leggendaria Lineare B minoica. Il suo silenzio è impenetrabile. Pochissimi lo hanno potuto maneggiare – il manoscritto è custodito alla Beinecke Rare Book Library dell’università di Yale -, qualche studioso lo conosce attraverso la riproduzione pubblicata dall’editore francese Jean-Claude Gawsewitch nel 2005, i più ne hanno solo sentito parlare, tramandando il «mistero» attraverso studi specialistici, siti internet, persino romanzi fantasy.
Oggi la storia di questo occulto rompicapo letterario è raccontata, insieme ai numerosi tentativi di decifrazione e alle più fantasiose ipotesi interpretative – un messaggio in codice di una civiltà extraterrestre, un clamoroso falso rinascimentale, un’“enciclopedia” di arcani saperi per una setta di iniziati… – è ripercorsa dal primo saggio scientifico dedicato all’argomento mai apparso in Italia: L’enigma del manoscritto Voynich dello studioso argentino Marcelo Dos Santos (Edizioni Mediterranee).
Secondo una lettera in latino, datata 1666 e trovata allegata al testo, il volume fu acquistato nel 1568 dall’imperatore Rodolfo II d’Asburgo, collezionista di nani per il divertimento della corte e di libri esoterici ed altre mirabilia per il proprio piacere. Poi nel XVII secolo scomparve, per riapparire agli inizi del ’900 nella biblioteca gesuita dove lo trovò Wojnicz.

Ma chi l’ha scritto, e perché? Nel 1921 il filosofo statunitense William R. Newbold, specialista in codici cifrati nella Prima guerra mondiale, sostenne che il manoscritto fosse opera del filosofo Ruggero Bacone (1214-93). Altri, confondendo il cognome di Ruggero Bacone, del filosofo rinascimentale Francis Bacon. Negli anni Cinquanta il crittografo americano William Friedman individuò una serie di “ridondanze”, ossia ripetizioni di alcune parole, simili alle formule chimiche, ipotizzando si trattasse di un antico erbario. Nel 1962 Edith Sherwood fece notare la similitudine fra la calligrafia del manoscritto e la scrittura speculare di Leonardo da Vinci; nel 1978 il linguista John Stojko considerò il testo una raccolta di lettere scritte in ucraino, successivamente codificate, ma senza capirne il senso; mentre negli anni Ottanta il fisico Leo Levitov assicurò che il manoscritto fosse opera degli eretici Catari e che celasse i segreti del Giardino dell’Eden. Infine lo psicologo inglese Gordon Rugg, docente di Scienze del calcolo all’Università di Keele, nel 2003 è giunto alla conclusione che si tratti di un falso cinquecentesco, realizzato dall’avventuriero elisabettiano Edward Kelley con la complicità dell’alchimista John Dee per vendere, dietro un compenso di 600 monete d’oro, un testo incomprensibile abilmente contraffatto all’imperatore Rodolfo II. Senza però riuscire del tutto a convincere esperti e profani della reale natura dell’unico libro esistente che nessuno sa leggere: un trattato di alchimia in codice, il delirio di un pazzo, una scrittura perduta o una beffa d’artista?

Occhio bionico guarisce una persona

A Peter Lane, cieco da quasi 30 anni, è stato impiantato uno speciale ricevitore nella retina


MILANO - Il cinquantunenne inglese Peter Lane, cieco da quando era poco più che ventenne, è entusiasta dei risultati finora raggiunti dopo l'intervento chirurgico al quale si è sottoposto. L'uomo, non vedente a causa di una malattia genetica degenerativa, ora riesce a distinguere i contorni delle porte e del mobilio e a leggere brevi parole grazie a una telecamera montata su un paio di occhiali che registra per lui tutto ciò che è davanti ai suoi occhi.

IL PERCORSO DELLE IMMAGINI - La videocamera cattura le immagini e le invia a un processore video che il signor Lane porta alla cintura. A sua volta, il processore converte le immagini in segnali elettronici che manda a un trasmettitore anch'esso posto sugli occhiali. Da qui parte un segnale wireless che raggiunge un ricevitore impiantato nella retina, il quale attraverso degli elettrodi stimola il nervo ottico e consente al cervello di ricevere le immagini.

UNO STUDIO MONDIALE - Peter Lane è soltanto una delle 32 persone che, in tutto il mondo, si sono prestate alla scienza per sperimentare questa tecnologia, volta soprattutto alla cura della retinite pigmentosa, malattia genetica che causa gravi danni alla retina e porta, progressivamente, alla cecità. Al Manchester Royal Eye Hospital Lane e altri due volontari sono stati sottoposti a un intervento chirurgico durato quattro ore, durante le quali è stato impiantato il ricevitore elettronico nella retina. Dopo due mesi di attesa, per dare all'occhio il tempo di guarire, è finalmente giunto il momento di valutare i risultati.

I RISULTATI - I medici, e con loro i pazienti, si dichiarano molto soddisfatti. Tutti e tre gli uomini hanno avuto reazioni positive; uno di loro il 5 novembre scorso è riuscito, dopo quaranta anni di buio, a rivedere dei fuochi d'artificio. Un altro, come Peter Lane, è in grado di leggere brevi parole. Secondo l’oftalmologo Paulo Stanga, coinvolto nella ricerca, i risultati sono persino migliori di quelli che si attendevano. L'ospedale inglese sta mettendo a punto un proiettore e uno schermo speciali da installare nelle case degli «impiantati», per consentire loro di sbrigare personalmente la propria corrispondenza, per la prima volta dopo tanti anni. Nonostante lo scenario, un po' alla Blade Runner, bisogna provare a immaginare che cosa possa significare tornare a vedere, anche se si tratta «solo» di brevi parole o di ombre sfuocate. In questo senso va interpretato l'entusiasmo di chi ha partecipato allo studio: un primo piccolo passo verso un grande ambizioso cammino.

Emanuela Di Pasqua

corriere.it


Correrre per la musica


Technologia, sport e moda trovano un terreno comune in questo interessante concept che sfrutta il movimento dell'utente per tenere in funzione un lettore MP3: rallentare la corsa significa rallentare il tempo di un brano. Un buon incentivo per proseguire nel ritmo utile all'allenamento!

Il Player cinetico disegnato dai lituani Inesa Malafej e Arunas Sukarevicius è un concepts che coniugano tecnologia e basso impatto energetico in un modo del tutto innovativo: quando si dice 'sentire' l'energia del proprio corpo :)


Fonte:http://futuroprossimo.blogosfere.it/


Più denaro, meno banconote


Il futuro passa attraverso la rete: in Italia i conti annaspano e portano a scelte drastiche, talvolta sbagliate (vogliamo parlare dei milioni tagliati alla banda larga?), mentre negli altri Paesi hanno ben compreso come l'economia può trovare il suo rilancio attraverso le transazioni in rete, che riducono spesso tempi e costi.

D'altra parte il nostro paese non è ai primi posti per sistemi del genere, tra code alle banche (e alle poste) e lungaggini di ogni sorta: perché in Italia ci sono più problemi che in altri paesi europei? In Italia siamo così attaccati alle banconote da effettuare in contanti una buona parte dei pagamenti.

Per portare sempre più persone in rete e favorire spese (e comodità), da qualche tempo le Banche hanno aperto una battaglia vitale, quella di aumentare il più possibile la moneta elettronica, anche a costo di..regalare denaro agli utenti!

UBI BANCA ha sviluppato una promozione rivolta a tutti i giovani dai 14 ai 29 anni che attiveranno una nuova carta prepagata entro l'8 Gennaio 2010: si chiama PLAY BOY, PLAY UBI. Facciamo quattro conti: si attiva (gratuitamente) una carta prepagata (senza spese annuali) che dura 3 anni. UBI Banca regala subito 50 euro, e se il cliente presenta un suo amico, altri 20 euro.

Totale? 70 Euro contro zero, e si ottiene una carta prepagata per fare spese online, prelevare al bancomat e pagare nei negozi. Non serve il conto corrente. Ecco il sito dell'iniziativa di UBI Banca.

E' facile leggere dietro iniziative come questa l'intenzione di 'accelerare' il sistema economico verso un futuro (si spera) con più moneta (e più commissioni sulle transazioni, altrimenti la banca poi non ricaverebbe nulla) e meno banconote in tasca (il che significa meno rischi di rapine, se non altro quelle 'in carne ed ossa').

Una volta tanto adeguarsi non costa ma rende qualcosa. Come vedete a volte il Futuro paga :)

Un UFO causa blackout elettrico in Argentina

Tutto è successo nella nottata del giorno 26 novembre 2009. Era le ore 02:00 e molta gente di Salta, città situata ai piedi della Cordigliera delle Ande e che consta di circa 470.000 abitanti, era intenta vista il gran caldo a stare ancora fuori, magari gustando un gelato o qualcosa di refrigerante. Improvvisamente vedono solcare il cielo da un enorme oggetto, dalla forma di un sigaro, luminosissimo, silenzioso che volava verso sud/est di El Tunal a circa 35 chilometri dalla ottava città più grande dell’Argentina. Il cielo era colmo di nubi minacciose e secondo alcuni testimoni l’UFO era caratterizzato dall’avere, anche, delle luci intermittenti e una fissa simile ad un faro. Dopo aver visto scomparire questo oggetto enorme (che secondo gli ufologi locali era di circa 300 metri di lunghezza), dopo pochi minuti la città va in “black out” elettrico. Anche le linee telefoniche, secondo molti testimoni, andarono in panne. Tutto ritornò nella normalità dopo circa 9 ore. La società che gestisce la distribuzione elettrica in Argentina, la EDESA, ha confermato il “black out” elettrico. La causa è stata trovata proprio a El Tunal, zona dove si è recato il gigantesco UFO e dove si trova la più importante centrale di alimentazione elettrica. La causa, secondo la EDESA, è ignota. Alla centrale i tecnici hanno trovato tutti i generatori bruciati.

Articolo completo (in spagnolo) http://www.popularonline.com.ar/nota.php?Nota=427388

Nel disegno la ricostruzione di un UFO a forma di sigaro

Aggiornamenti: secondo il direttore della Fundación Argentina de Ovnilogia (FAO), Luis Burgos, il numero dei testimoni supera ormai il centinaio; tutti concordano sul fatto che l’UFO era a forma di “sigaro”, era auto-luminoso e di dimensioni notevoli; per ora nessun video e foto è stato divulgato; a 40 chilometri dalla città, una fila di cinque pali di luci di città, a bassa tensione, è stata trovata completamente carbonizzata nella parte superiore, i loro fili bruciati e cortocircuitati. I posti luce sono separati tra di loro circa 35 metri, il che suggerisce che l’elemento che ha causato il danno ha agito su una linea di circa 140 metri in tutto.



Per gli scettici: intervista a Michio Kaku sugli UFO, extraterrestri e iperspazio

Michio Kaku è un fisico teorico tra i più autorevoli. Si è laureato con lode ad Harvard nel 1968 ed ha conseguito il dottorato al Berkeley Radiation laboratori nel 1972. E’ stato il co-fondatore della teoria delle Stringhe e un pioniere di quella delle Superstringhe. Attualmente è professore di fisica teorica al “City College and the Graduate Center” dell’ Università di New York. E stato professore esterno sia allUniversità di Princeton che a quella di New York City Il suo obiettivo è contribuire alla realizzazione del sogno di Einstein della Teoria del tutto in una singola equazione, che mostra lunità di tutte le forze fondamentali nelluniverso. Tiene conferenze in tutto il mondo ed è l’autore di moltissimi articoli scientifici riguardanti la fisica, nonchè di nove libri tra i quali Iperspazio, best-seller a livello internazionale. E conduttore di un programma radiofonico settimanale in diverse emittenti radiofoniche in Giappone e i suoi commenti scientifici possono essere ascoltati in più di 60 stazioni nazionali. Ha pubblicato più di 70 saggi in riviste specializzate che trattano di argomenti quali la teoria della superstringa, della supergravità, della supersimmetria e di fisica adronica. E stato inoltre il primo a scrivere un trattato sulla supergravità conformale e la rottura della supersimmetria ad alte temperature.


venerdì 27 novembre 2009

L'informatico Richard Rogers sostiene di aver tradotto il Manoscritto Voynich.

ho decrittato il Manoscritto Voynich. Lo giuro!

Segnalato da michela

Il manoscritto di Voynich sembra sia stato finalmente tradotto. Dopo 500 anni di misteri, di un linguaggio incomprensibile, di immagini mai ritrovate nella storia, Richard Rogers, informatico e specialista nella gestione dei dati al Fleet Readiness Center East at Cherry Point (Nord Carolina) sostiene di aver “craccato” il codice e ci tuffa in un mondo fantastico fatto di misteri, scacchiere, codici segreti, algoritmi e matematica. In cui gli italiani sembrano aver contribuito significativamente.

di CLAUDIA MIGLIORE

Fa mostra di sé alla Beinecke Rare Book and Manuscript Library dell’Università di Yale. 16x 22×4. 102 fogli, per un totale di 204 pagine. Un concentrato di mistero. Questo è il manoscritto di Voynich. L’enigma letterario più sorprendente di tutti i tempi. Il libro più misterioso della storia. Quello che nessuno è mai stato in grado di leggere. Fino ad oggi. Fino all’11 novembre. Quando un sito americano pubblica le dichiarazioni di un uomo che sostiene di esserci riuscito.

La scoperta.
Richard Rogers, 58 anni, di cui 37 dedicati al governo americano sostiene di aver tradotto le prime pagine del manoscritto. Assolutamente per caso. Stava lavorando ad un nuovo algoritmo per il Dipartimento di Stato americano e aveva utilizzato una parte casuale del testo del manoscritto per fare un test. Il software ha fallito per due volte prima di restituire i dati. Dati in codice macchina in cui Richard Rogers ha letto la incredibile scoperta.

Il manoscritto non contiene lettere, parole. Per anni tutti gli studiosi hanno pensato si trattasse di un linguaggio misterioso. In realtà il testo rappresenterebbe il primo foglio di calcolo della storia. Si tratterebbe non di lettere ma di numeri. Algebra simbolica. Roger non poteva credere a questa possibilità. Ha passato 10.000 ore davanti al computer per tradurre le prime tre pagine del manoscritto. Ha persino utilizzato un software satellitare, creato per rilevare le crepe su Marte, per analizzare il vello su cui il manoscritto è stato redatto e le crepe nella carta.

Rogers ha concluso che il manoscritto contiene un messaggio segreto nascosto nelle figure. Alla base del documento c’è una griglia 8×8. Come quella delle scacchiere. Simbolo massonico.

La griglia ha numeri nella parte bassa e lettere nella parte alta. Il documento è algebra ma è anche un sistema per spiegare come navigare sulla scacchiera per leggere o scoprire i messaggi segreti, le immagini e i simboli. La prima pagina non rappresenta altro che le istruzioni su come leggere il manoscritto.

Attraverso una serie di studi e ricerche Rogers ha concluso che il manoscritto è stato redatto a più mani dalla famiglia proprio in Italia. Martino Longhi (1534-1591), Onorio Longhi e Martino Longhi il giovane (1602-1660) sarebbero gli autori. Datato intorno al 1578 prendendo come riferimento l’anno di costruzione di Villa Mondragone a Frascati dove il libro era conservato dai gesuiti. Rogers sostiene che proprio il giardino della villa, sia la chiave. Che la griglia rappresentata nel giardino si integri con il documento che conterrebbe importanti segreti commerciali nascosti alla chiesa.

Richard Rogers non ha terminato la sua ricerca. Ormai nella sua mente e nella sua vita non esiste altro. Scoprire quella chiave e svelare il segreto. Dopo 37 anni di attività sta per andare in pensione. E questo potrebbe essere il modo migliore per uscire di scena.


Gialli.it

Scoperta super: Co2 trasformato in carburante!



Gli scienziati del californiano Sandia National Labs potrebbero aver fatto una delle scoperte più importanti del secolo: un sistema per trasformare Co2 in carburante come gasolio e benzina. Da rifiuti dannosi a risorse primare!
La struttura semplice del sistema - Sembra troppo bello per essere vero, eppure il prototipo è perfettamente funzionante. Assomiglia a un gigantesco cilindro riflettente grande quanto un'abitazione. Il dispositivo dispone di due celle calde/fredde con 14 anelli a "frisbee" nel centro. Questi dischi in ossido di ferro sono scaldati dal sole fino a 2700 gradi per innescare una reazione termo-chimica che forza la separazione degli atomi di ossigeno.
Il funzionamento del cilindro - I dischi ruotano su se stessi una volta al minuto, nella cella refrigerante il Co2 si aggiunge prelevato dall'atmosfera e l'ossido di ferro recupera gli atomi di ossigeno che aveva perso, una volta raffreddato. Il monossido di carbonio così ricavato sarà utilizzato per creare un carburante liquido sintetico. Il tutto senza spendere un centesimo visto che il Sole stesso partecipa al sistema, i suoi raggi sono convogliati nella camera "calda" scaldandola fino a 1500 gradi. L'inventore del progetto è Rich Diver che l'ha mostrato in anteprima lo scorso gennaio, negli scorsi giorni però l'ha testato con successo al di fuori dei laboratori, in una versione molto più grande. Con risultati positivi.
Il CR5 fra 15-20 anni - Si chiama Counter Rotating Ring Receiver Reactor Recuperator per gli amici CR5 visto che conta di una C e cinque R. Inizialmente il progetto studiava un modo per creare abbondante idrogeno a basso costo, ma come si sa le più grandi invenzioni, alla fine, nascono per sbaglio! Le potenzialità sono enormi: si può in un sol colpo produrre grandi quantità di carburanti utilizzando elementi altrimenti nocivi. Tempistiche prima di vederlo in commercio? Purtroppo ci sarà da attendere non meno di 15 - 20 anni, si deve renderlo affidabile e più efficiente.

La futura auto si chiama Youthmobile

Come sarà l’auto per i giovani della generazione Internet e Facebook, nel 2030? I car design center californiani di Audi, General Motors, Honda, Mazda, Nissan e Toyota si sono proiettati nel futuro per interpretare la Youthmobile 2030, tema del Design Challenge di quest’anno del Los Angeles Auto Show, dai veicoli che incorporano Dna umano, consentendo modifiche nella forma, nei colori e nei materiali, fino ai veicoli non più come semplice mezzo di trasporto, ma come modo di esprimere la propria personalità, collegati ai social network.
In alto il concept Nissan V2G, è un veicolo elettrico personalizzabile che assomiglia a un’aragosta e si guida come una moto. E’ progettato per sfruttare le alte velocità delle griglie elettrificate nelle autostrade del futuro, per consegnare una soluzione di trasporto a basso costo e sicuro, anche con la possibilità di spostamenti di gruppo, accodandosi tra di loro a modo di trenino. Il suo corpo affusolato è a sei ruote, quattro nell’avantreno, coperte, e due in coda.
Sotto La Mazda Souga, nasce dalla progettazione del cliente. I designer Mazda hanno immaginato che saranno i giovani acquirenti, a progettare in 3D e personalizzare in modo virtuale la propria vettura, su un sito Web dedicato, con l’aiuto di una guida. Oltre alla sua struttura assimetrica, la Souga è ricoperta da una pellicola trasparente che si adatta alle forme organiche dello scheletro interno, una soluzione già sperimentata da Bmw col suo prototipo Gina,pubblicato da Futurix.
In basso, la Audi eOra, è un concept car ispirato all’idea di libertà e movimento, che si controlla con i piccoli movimenti o gesti del corpo. Risultato? I movimenti delle ruote si adattano di conseguenza, e ne risulta una guida molto precisa con una sensibilità senza confronti, e una vettura che disegna le curve come uno sciatore che scivola lungo le piste.



Nuove ipotesi sul meteorite ALH 84001


Un meteorite marziano scoperto nel 1992 in Antartide conterrebbe tracce fossili di microrganismi vissuti anticamente su Marte. Ad anticipare la notizia, in via di pubblicazione sulla rivista scientifica Geochimica et Cosmochimica Acta, è il sito americano specializzato in attività spaziali Spaceflight Now. Il meteorite, Allen Hills o ALH 84001, è noto da tempo agli studiosi, che lo stanno analizzando fin dai primi anni ‘90. Tuttavia nessuno finora aveva trovato tracce fossili. Lo ha fatto il gruppo coordinato da Kathie Thomas Keprta, del Johnson Space Center della Nasa, utilizzando un microscopio elettronico ad alta risoluzione che ha permesso di analizzare i dischi di carbonato e i minuscoli cristalli di magnetite presenti all’interno del meteorite. Secondo gli autori della ricerca i batteri fossili sono racchiusi in cristalli di magnetite, prodotti dagli stessi batteri. La Nasa, riferisce ancora il sito americano, si prepara ad annunciare la scoperta nei prossimi giorni. Le prime osservazioni fatte sullo stesso meteorite vennero annunciate nel 7 agosto 1996 dalla Nasa e dalla Casa Bianca e in quell’occasione l’allora presidente Usa Bill Clinton aveva promesso che le ricerche in questo ambito sarebbero andate avanti.

“I microrganismi fossili su Marte ci sono; da geologo mi saprei stupito se non li avessero visti”: commenta così la notizia Vincenzo Rizzo, del dipartimento di Scienze della Terra dell’università di Firenze e del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr), che ha descritto recentemente formazioni fossili marziane sull’International Journal of Astrobiology e un suo nuovo studio è in via di pubblicazione su un’altra rivista scientifica internazionale. Le ricerche di Rizzo, condotte in collaborazione con Nicola Cantasano, dell’Istituto per i Sistemi Agricoli e Forestali del Mediterraneo (Isafom) del Cnr, si basano sull’analisi delle immagini raccolte e trasmesse a Terra dalla sonda della Nasa Opportunity. Riguardano due tipi di formazioni: le sferette soprannominate “mirtilli”, individuate da tempo nella zona del pianeta chiamata Meridiani Planum, la grande pianura a Sud dell’equatore marziano. Le sferule, secondo i due ricercatori italiani, “potrebbero essere strutture organosedimentarie, probabilmente prodotte da microrganismi”. La loro origine potrebbe trovare una spiegazione simile a quella delle strutture chiamate stromatoliti presenti sulla Terra e formate da sottilissime lamine nelle quali sono intrappolati microrganismi antichissimi, sia animali (colonie di batteri) o vegetali (microscopiche alghe). Tuttavia, rileva Rizzo, “é difficile fare qualsiasi parallelo tra i microfossili marziani e qualsiasi forma di vita microscopica sulla Terra”.


Fonte: www.ansa.it


mercoledì 25 novembre 2009

«Il manoscritto Voynich» Alchimia, Ufo o beffa? E’ il libro più misterioso

Ha fatto impazzire storici e linguisti di ogni Paese, ha resistito agli attacchi dei crittografi di eserciti e servizi segreti di mezzo mondo, ha sconfitto i più sofisticati software di decifrazione di codici, ha ammutolito scienziati e filosofi. È un piccolo volume formato da un centinaio di fogli scritti a mano, di cui non si conosce l’autore, né la data né il luogo di composizione: è conosciuto come «manoscritto Voynich», dal nome inglesizzato dell’antiquario russo di origini polacche Wylfrid Wojnicz che lo acquistò per il suo negozio londinese dai gesuiti del collegio di Villa Mondragone, a Frascati, nel 1912. Ed è considerato l’enigma letterario più sorprendente di tutti i tempi, il libro più misterioso della storia. Che nessuno è in grado di leggere.
Risalente a un periodo compreso fra la fine del Quattro e la prima metà del Cinquecento, scritto in una lingua misteriosa e indecifrabile, arricchito da numerose illustrazioni a colori di piante ignote ai botanici, animali rari, strane figure femminili, stelle e diagrammi, il «manoscritto Voynich» resiste da mezzo millennio a ogni tentativo di decodificazione e traduzione: ha battuto i geroglifici egizi, la scrittura cuneiforme, persino la leggendaria Lineare B minoica. Il suo silenzio è impenetrabile. Pochissimi lo hanno potuto maneggiare – il manoscritto è custodito alla Beinecke Rare Book Library dell’università di Yale -, qualche studioso lo conosce attraverso la riproduzione pubblicata dall’editore francese Jean-Claude Gawsewitch nel 2005, i più ne hanno solo sentito parlare, tramandando il «mistero» attraverso studi specialistici, siti internet, persino romanzi fantasy.
Oggi la storia di questo occulto rompicapo letterario è raccontata, insieme ai numerosi tentativi di decifrazione e alle più fantasiose ipotesi interpretative – un messaggio in codice di una civiltà extraterrestre, un clamoroso falso rinascimentale, un’“enciclopedia” di arcani saperi per una setta di iniziati… – è ripercorsa dal primo saggio scientifico dedicato all’argomento mai apparso in Italia: L’enigma del manoscritto Voynich dello studioso argentino Marcelo Dos Santos (Edizioni Mediterranee).
Secondo una lettera in latino, datata 1666 e trovata allegata al testo, il volume fu acquistato nel 1568 dall’imperatore Rodolfo II d’Asburgo, collezionista di nani per il divertimento della corte e di libri esoterici ed altre mirabilia per il proprio piacere. Poi nel XVII secolo scomparve, per riapparire agli inizi del ’900 nella biblioteca gesuita dove lo trovò Wojnicz.

Ma chi l’ha scritto, e perché? Nel 1921 il filosofo statunitense William R. Newbold, specialista in codici cifrati nella Prima guerra mondiale, sostenne che il manoscritto fosse opera del filosofo Ruggero Bacone (1214-93). Altri, confondendo il cognome di Ruggero Bacone, del filosofo rinascimentale Francis Bacon. Negli anni Cinquanta il crittografo americano William Friedman individuò una serie di “ridondanze”, ossia ripetizioni di alcune parole, simili alle formule chimiche, ipotizzando si trattasse di un antico erbario. Nel 1962 Edith Sherwood fece notare la similitudine fra la calligrafia del manoscritto e la scrittura speculare di Leonardo da Vinci; nel 1978 il linguista John Stojko considerò il testo una raccolta di lettere scritte in ucraino, successivamente codificate, ma senza capirne il senso; mentre negli anni Ottanta il fisico Leo Levitov assicurò che il manoscritto fosse opera degli eretici Catari e che celasse i segreti del Giardino dell’Eden. Infine lo psicologo inglese Gordon Rugg, docente di Scienze del calcolo all’Università di Keele, nel 2003 è giunto alla conclusione che si tratti di un falso cinquecentesco, realizzato dall’avventuriero elisabettiano Edward Kelley con la complicità dell’alchimista John Dee per vendere, dietro un compenso di 600 monete d’oro, un testo incomprensibile abilmente contraffatto all’imperatore Rodolfo II. Senza però riuscire del tutto a convincere esperti e profani della reale natura dell’unico libro esistente che nessuno sa leggere: un trattato di alchimia in codice, il delirio di un pazzo, una scrittura perduta o una beffa d’artista?

Fonte

Gobekli Tepe è un tempio di 12.000 anni fa


Un fregio da Gobekli Tepe

Per il vecchio pastore curdo era solo un altro giorno caldo che bruciava, nella pianura orientale della Turchia. Al seguito del suo gregge verso le aride colline, superò l’albero isolato di gelso, che la gente del posto considerava come ’sacro’. Le campane delle pecore tintinnavano nel silenzio. Poi notò qualcosa. Accovacciato, spazzolò via la polvere e scoprì una strana, grande, pietra oblunga.
L’uomo guardava a sinistra e a destra: c’erano altre pietre rettangolari, piantate nella sabbia. Decise d’informare qualcuno al villaggio, forse le pietre erano importanti.
Il curdo solitario, in quel giorno estivo del 1994, aveva compiuto la più grande scoperta archeologica degli ultimi 50 anni. Altri dicono che aveva fatto la più grande scoperta archeologica di sempre: un sito che ha rivoluzionato il nostro modo di guardare la storia umana, l’origine della religione – e forse anche la verità sul giardino di Eden.
Poche settimane dopo la sua scoperta, la notizia raggiunse i museologi nella antica città di Sanliurfa, dieci miglia a sud-ovest. Essi si misero in contatto con l’Istituto archeologico tedesco di Istanbul. Così, alla fine del 1994, l’archeologo Klaus Schmidt raggiunse il sito di Tepe Gobekli per iniziare gli scavi.
Egli disse: ‘Non appena ho visto le pietre, seppi che, se non me ne andavo immediatamente, sarei rimasto qui per il resto della mia vita.’

Schmidt rimase, e ciò che ha scoperto è sorprendente. Gli archeologi di tutto il mondo sono d’accordo sull’importanza del sito. ‘Gobekli Tepe cambia tutto’, spiega Ian Hodder, della Stanford University.
David Lewis-Williams, docente di archeologia presso l’Università Witwatersrand a Johannesburg, dice: ‘Gobekli Tepe è il più importante sito archeologico del mondo.’
Alcuni vanno oltre e dicono che il sito e le sue implicazioni sono incredibili. Il professore universitario Steve Mithen dice: ‘Gobekli Tepe è troppo straordinario per la mia mente.’
Che cosa ha alimentato e stupito il mondo accademico, solitamente sobrio?
Il sito di Tepe Gobekli è abbastanza semplice da descrivere. Le pietre allungate, scoperte dal pastore, si sono rivelate essere le cime piatte di grandi megaliti a forma di T. Immaginate versioni più snelle e scolpite delle pietre di Stonehenge o Avebury.
La maggior parte di queste pietre erette sono intagliate con immagini bizzarre e delicate – soprattutto di cinghiali e di anatre, di caccia e selvaggina. Sinuosi serpenti sono un altro motivo. Alcuni dei megaliti mostrano gamberi o leoni. Le pietre sembrano imitare forme umane – alcune hanno ‘braccia’ stilizzate, verso il basso, ai lati. Funzionalmente, il sito sembra essere un tempio, o un sito rituale, come i cerchi di pietra dell’Europa occidentale.
Ad oggi, 45 di queste pietre sono state scavate – disposte in cerchi da cinque a dieci metri di diametro – ma vi sono indicazioni che molto di più c’è da scoprire. Indagini geomagnetiche indicano che ci sono centinaia di altre pietre erette, che aspettano solo di essere scavate.
So far, so remarkable. Finora, in modo notevole. If Gobekli Tepe was simply this, it would already be a dazzling site – a Turkish Stonehenge. Se Gobekli Tepe è semplicemente questo, che sarebbe già un abbagliante sito – un turco di Stonehenge. But several unique factors lift Gobekli Tepe into the archaeological stratosphere – and the realms of the fantastical. Diversi fattori unici innalzano però Gobekli Tepe nella stratosfera dell’archeologia – e nel regno del fantastico.

Il sito è stato descritto come 'straordinario' e 'il più importante' sito del mondo.

Il primo è la sua età. La datazione al radiocarbonio mostra che il complesso è di almeno 12.000 anni fa, forse anche 13.000 anni.
Ciò significa che è stato costruito intorno al 10.000 a.C. A titolo di confronto, Stonehenge è stato costruito nel 3000 a.C. e le piramidi di Giza nel 2500 a.C.
Gobekli è quindi il più antico di tali siti nel mondo, con un ampio margine. E’ così vecchio che precede la vita sedentaria dell’uomo, prima della ceramica, della scrittura, prima di tutto. Gobekli proviene da una parte della storia umana che è incredibilmente lontana, nel profondo passato dei cacciatori-raccoglitori.
Come poterono gli uomini delle caverne costruire qualcosa di così ambizioso? Schmidt pensa che bande di cacciatori si siano riuniti sporadicamente nel sito, durante i decenni di costruzione, vivessero in tende di pelle di animali e uccidessero la selvaggina locale per nutrirsi.
Le molte frecce di selce trovate presso Gobekli giocano a sostegno di questa tesi, ma sostengono anche la datazione del sito.
Questa rivelazione, che i cacciatori-raccoglitori dell’Età della Pietra potrebbero avere costruito qualcosa come Gobekli, cambia radicalmente la nostra visione del mondo, perché mostra che la vita degli antichi cacciatori-raccoglitori, in questa regione della Turchia, era di gran lunga più progredita di quanto si sia mai concepito – incredibilmente sofisticata.

Il pastore che scoprì Gobekli Tepe ha 'cambiato tutto', ha detto uno accademico.

E’ come se divinità scese dal cielo avessero costruito Gobekli con le loro mani.
Qui si arriva alla connessione biblico e al mio coinvolgimento nella storia di Gobekli Tepe.
Circa tre anni fa, incuriosito dai primi scarsi dettagli appresi sul sito, mi recai a Gobekli. Fu un lungo e faticoso viaggio, ma ne valeva la pena.
Torna poi, Il giorno stesso in cui sono arrivato mi sono messo a scavare, gli archeologi stavano scoprendo opere d’arte da restare a bocca aperta. Quando quelle sculture sono apparse, ho capito che ero tra i primi a vederle dopo la fine della glaciazione.
Klaus Schmidt mi ha detto che, a suo parere, questo posto era il sito del biblico giardino di Eden. Più in particolare: ‘Gobekli Tepe è un tempio dell’Eden.’
Per capire come un rispettato accademico della statura Schmidt possa fare una tale affermazione da capogiro, è necessario sapere che molti studiosi vedono l’Eden storia come una leggenda, o allegoria.
Vista in questo modo, la storia dell’Eden, nella Genesi, parla di un’umanità innocente e di un passato di cacciatori-raccoglitori che potevano nutrirsi con la raccolta delle frutta dagli alberi, la caccia e la pesca nei fiumi, e trascorrere il resto del tempo in attività di piacere.
Poi l’uomo ‘precipitò’ in una vita più dura, con la produzione agricola, con la fatica incessante e quotidiana. E sappiamo dalle testimonianze archeologiche che la primitiva agricoltura è stata dura, rispetto alla relativa indolenza della caccia.

Ad oggi, gli archeologi hanno scavato 45 pietre delle rovine di Gobekli.

Quando avvenne la transizione dalla caccia e dalla raccolta all’agricoltura stanziale, gli scheletri mutarono – per un certo tempo crebbero più piccoli e meno sani, perché il corpo umano si doveva adattare a una dieta più povera di proteine e ad uno stile di vita più faticoso. stesso modo, gli animali da poco addomesticati diventano più piccoli di taglia.
Ciò solleva la questione: perché l’agricoltura fu adottata da tutti? Molte teorie sono state proposte – a partire dalle concorrenze tribali, la pressione della popolazione, l’estinzione di specie animali selvatiche.
Ma Schmidt ritiene che il tempio di Gobekli riveli un’altra possibile causa. ‘Per costruire un posto come questo, i cacciatori devono essersi riuniti in gran numero. Dopo avere finito l’edificio, probabilmente rimasero riuniti per il culto. Ma poi scoprirono che non potevano alimentare tante persone con una regolare attività di caccia e raccolta.
‘Penso, quindi, che abbiano iniziato la coltivazione di erbe selvatiche sulle colline. La religione spinse la gente ad adottare l’agricoltura.’
La ragione per cui tali teorie hanno uno speciale peso è che il passaggio alla produzione agricola è accaduto prima proprio in questa regione. Queste pianure dell’Anatolia sono state la culla dell’agricoltura.
Il primo allevamento di suini addomesticati del mondo era a Cayonu, a sole 60 miglia di distanza. Anche ovini, bovini e caprini sono stati addomesticati per la prima volta nella Turchia orientale. Il frumento di tutto il mondo discende da una specie di Farro – prima coltivata sulle colline vicino a Gobekli. La coltivazione di altri cereali domestici – come segale e avena – è iniziata qui.

Le pietre scoperte dal pastore si sono rivelate essere la cima di megaliti a forma di T.

Ma c’era un problema per questi primi agricoltori, ed è stato non solo di aver adottato uno stile di vita più dura, anche se in ultima analisi più produttiva. Hanno anche conosciuto una crisi ecologica. In questi giorni il paesaggio che circonda le misteriose pietre di Gobekli è arido e brullo, ma non è stato sempre così. Come le incisioni sulle pietre mostrano – e come resti archeologici rivelano – questa era una volta una ricca regione pastorale.
C’erano mandrie di selvaggina, fiumi ricchi di pesce, e stormi d’uccelli; verdi prati erano inanellati da boschi e frutteti selvatici. Circa 10000 anni fa, il deserto curdo era un ‘luogo paradisiaco’, come dice Schmidt. Quindi, che cosa ha distrutto l’ambiente? La risposta è: l’uomo.
Quando abbiamo iniziato l’agricoltura, abbiamo cambiato il paesaggio e il clima. Quando gli alberi sono stati tagliati, il suolo è stato dilavato via; tutto ciò che l’aratura e la mietitura hanno lasciato era il terreno eroso e nudo. Ciò che era una volta una piacevole oasi è diventata una terra di stress, fatica e rendimenti decrescenti. E così, il paradiso era perduto. Adamo il cacciatore è stato costretto ad allontanarsi dal suo glorioso Eden, come dice la Bibbia.
Naturalmente, tali teorie potrebbero essere respinte in quanto speculazioni. Tuttavia, vi è abbondanza di prove storiche per dimostrare che gli scrittori della Bibbia, quando parlavano dell’Eden, descriveva questo angolo di Anatolia abitato dai Curdi.

L’archeologo Klaus Schmidt accanto ad alcune delle sculture a Gebekli.

Nel Libro della Genesi, è indicato che l’Eden è a ovest dell’Assiria. Gobekli si trova in tale posizione. Allo stesso modo, il biblico Eden è attraversato da quattro fiumi, tra cui il Tigri e l’Eufrate. E Gobekli si trova tra due di questi.
In antichi testi assiri, vi è menzione di un ‘Beth Eden’ – una casa di Eden. Questo piccolo regno era a 50 miglia da Gobekli Tepe.
Un altro libro dell’Antico Testamento parla dei ‘bambini di Eden, che erano in Thelasar’, una città nel nord della Siria, vicino a Gobekli.
La stessa parola ‘Eden’ deriva dal sumerico e significa ‘pianura’; Gobekli si trova nella pianura di Harran.
Così, quando si mette tutto insieme, la prova è convincente. Gobekli Tepe, infatti, è un ‘tempio nell’Eden’, costruito dai nostri fortunati e felici antenati – persone che avevano il tempo di coltivare l’arte, l’architettura e il complesso rituale, prima che il trauma dell’agricoltura rovinasse il loro stile di vita, e devastasse il loro paradiso.
E ‘una splendida e seducente idea. Eppure, ha un sinistro epilogo, dato che la perdita del paradiso sembra aver avuto un effetto strano e abbrutente sulla mente umana.

Molte pietre erette di Gobekli sono incise con 'bizzarre e delicate' immagini, come in questo rettile.

Pochi anni fa, gli archeologi rinvennero presso Cayonu un mucchio di teschi umani. Essi furono trovati sotto una lastra d’altare, tinta con sangue umano.
Nessuno è sicuro, ma questa può essere la prima prova di sacrifici umani: uno dei più inspiegabili comportamenti umani, che potrebbero avere sviluppato solo di fronte ad un terribile stress sociale.
Gli esperti possono discutere sull’evidenza di Cayonu. Ma quello che nessuno nega che è il sacrificio umano abbia avuto luogo in questa regione, tra la Palestina, Israele e Canaan.
L’evidenza archeologica indica che le vittime erano uccise in enormi fosse di morte, i bambini erano sepolti vivi in vasi, altri erano bruciati in grandi giare di bronzo.
Questi atti sono quasi incomprensibili, a meno che non si pensi che la gente aveva imparato a temere le divinità, perché era stata scacciata dal paradiso. Così avrebbe cercato di propiziare la collera dei cieli.
Questa barbarie potrebbe, infatti, essere la chiave di soluzione di un ultimo, sconcertante mistero. I sorprendenti fregi di pietre di Gobekli Tepe si sono conservati intatti per uno strano motivo.
Molto tempo fa, il sito fu deliberatamente e sistematicamente sepolto con un colossale lavoro insieme a tutte le sue meravigliose sculture di pietra.

Le pietre di Gobekli Tepe stanno cercando di parlare con noi attraverso i secoli - un avvertimento di cui dovremmo tener conto.

Intorno al 8000 a.C., i creatori di Gobekli seppellirono la loro realizzazione e il loro glorioso tempio sotto migliaia di tonnellate di terra, creando le colline artificiali sulle quali il pastore curdo camminava nel 1994.
Nessuno sa perché Gobekli fu sepolto. Forse fu una sorta di penitenza: un sacrificio alla divinità della collera, che aveva gettato via il paradiso dei cacciatori. Forse fu per la vergogna della violenza e dello spargimento di sangue che il culto della pietra aveva contribuito a provocare.
Qualunque sia la risposta, i parallelismi con la nostra epoca sono notevoli. Quando contempliamo una nuova era di turbolenza ecologica, pensiamo che forse le silenziose, buie, pietre vecchie di 12000 di Tepe Gobekli stanno cercando di parlare con noi, per metterci in guardia, perché stanno proprio dove abbiamo distrutto il primo Eden.

Fonte

Passaggi per altre dimensioni?

Sergio Bertolucci, italiano con l’incarico di Director of Research and Scientific Computing al CERN di Ginevra, ha dichiarato ai reporter di The Register: “La macchina [LHC] potrebbe creare o scoprire dei fenomeni scientifici mai immaginati prima, o “misteri sconosciuti“, per esempio dimensioni alternative. Da questa porta potrebbe uscire qualcosa, o potremmo inviare qualcosa attraverso essa.”Se l’ipotesi sembra fantascientica, in realtà non si sa bene quale potrebbe essere il risultato della sperimentazione che ha come scopo quello di rilevare il Bosone di Higgs, la “particella di Dio” (definizione non molto corretta) che promette di aiutarci a scoprire alcuni dei misteri della fisica che rimangono impermeabili alle nostre indagini. Le collisioni tra particelle atomiche che avverranno all’ interno dell’ LHC pare possano riprodurre le condizioni dell’universo di miliardi di anni fa, poco dopo il Big bang, quando tutto quello che conosciamo non esisteva, e la particella di materia più grande era probabilmente delle dimensioni di un protone.Ora, molti di noi hanno in mente i film di fantascienza popolati da porte iperdimensionali che i protagonisti attraversano come se nulla fosse. Il problema di solito è cosa c’è dall’altra parte: non si trova mai il paradiso terrestre, o una parte vuota dello spazio, ma si incappa sempre in qualche problema.
Bene, iniziamo subito col dire che sono soltanto film. Alcuni fenomeni inaspettati sono previsti dalla serie di esperimenti che vedranno coinvolto il Large Hadron Collider. Di certo però si esclude la creazione di un buco nero che possa inghiottire l’umanità intera ed la Terra, o la liquefazione del nostro pianeta e di tutte le forme di vita che ospita; ovviamente tutto questo è da considerarsi spazzatura priva di fondamenti scientifici, anche minimi.Tuttavia alcuni dei cervelloni coinvolti e non negli esperimenti hanno ipotizzato che potrebbero aprirsi dei varchi temporanei verso dimensioni parallele, collegati ad universi alternativi. E se ad ipotizzare una cosa del genere è anche il direttore della ricerca del CERN Sergio Bertolucci, possiamo per lo meno prendere in considerazione l’eventualità, seppure remota.
Se poi lo conferma anche Mike Lamont, addetto alla sala di controllo dell’ LHC, dicendo “Speriamo di vedere la supersimmetria e dimensioni alternative”, non si tratta soltanto delle speculazioni di un folle, ma di uno degli obiettivi della ricerca. Procedendo con l’intervista a Lamont, alla domanda “secondo lei sarà possibile che qualcosa possa uscire da quelle dimensioni alternative?” risponde “Beh, Bertolucci è un fisico teorico”, lasciando pensare che si, è possibile, ma IN TEORIA. Senza contare che lo stesso Bertolucci sostiene che si, è possibile aprire una “porta” a dimensioni alternative, ma il tempo di apertura sarebbe brevissimo (10 alla -26 secondi) anche per un apparato potentissimo come l’ LHC. Potrebbe passare qualche particella, insomma, ma di sicuro non saremo invasi da alieni extradimensionali, o da un gruppo di nazisti che, in una realtà alternativa, ha vinto la Seconda Guerra Mondiale. Quello che sappiamo è che la possibilità di aprire un varco, seppure per un tempo brevissimo, verso un’altra dimensione c’è, ed al CERN sperano proprio di ottenerlo tramite il Large Hadron Colliden.
Altra certezza, per rassicurare i più ansiosi, è che niente di tutto questo potrà destabilizzare il mondo a 4 dimensioni che conosciamo.

Fonte: http://www.ditadifulmine.com/2009/11/lhc-aprira-un-varco-verso-dimensioni.html

Link originale (in inglese) http://www.theregister.co.uk/2009/11/06/lhc_dimensional_portals/