giovedì 10 settembre 2009

Energia dalle microalghe


microalghe_biocarburante
In un futuro prossimo le microalghe, organismi responsabili di circa il 50% della fotosintesi sulla terra e impiegate attualmente nella cosmetica, nella farmaceutica e nella biochimica verde, potranno essere utilizzate anche per produrre energia rinnovabile.

Un campo di applicazione a cui l’Istituto Agrario di San Michele all’Adige guarda con interesse. Oggi, infatti, si è svolto un seminario organizzato
dal Centro ricerca e innovazione che ha visto intervenire, accanto ai ricercatori di San Michele, Graziano Tassinato, coordinatore della sezione
ricerca e sviluppo di Microlife, una società di biotecnologie fotosintetiche focalizzata sullo sviluppo di impianti a scala industriale per la produzione di microalghe a fini energetici, cosmetici, farmaceutici e di biochimica verde.
Fino ad oggi le microalghe sono state una risorsa poco sfruttata: infatti, delle 25 mila specie esistenti solo 15 vengono attualmente utilizzate. Ma
la tecnologia di coltivazione, finalizzata soprattutto alla ricerca delle possibili applicazioni, è un settore in espansione, soprattutto negli ultimi anni. Le microalghe possiedono, infatti, alcune caratteristiche peculiari che contribuiscono a renderle particolarmente interessanti dal punto di vista scientifico e applicativo. In primo luogo, possono essere coltivate in qualsiasi contesto -dalle acque dolci a quelle con elevate concentrazioni saline-; in secondo luogo possono essere impiegate in svariati campi d’applicazione.

“L’efficienza di conversione dell’energia solare in biomassa delle colture algali, e quindi la produttività per ettaro, è di gran lunga maggiore di
quella ottenibile con le colture tradizionali- ha spiegato Tassinato-. Se con un ettaro di girasole o di colza si possono produrre 700-1000 chilogrammi di olio per anno, le colture algali realizzate in adeguati impianti a reattori chiusi possono superare le 20 tonnellate di olio per ettaro e per anno, con un potenziale che supera le 30 tonnellate nei paesi tropicali. Il risultato dipenderà tuttavia dal possesso di un solido know-how sulla coltura all’aperto della specie algale selezionata per sostenere il processo, da condizioni climatiche estremamente favorevoli, da adeguate infrastrutture e da un’accurata messa a punto dell’intero processo in impianti pilota e dimostrativi di opportune dimensioni”.
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