lunedì 24 agosto 2009

Alla ricerca delle galassie di antimateria



spettrometro
Il programma dello Shuttle è agli sgoccioli. Rimane solo una mezza dozzina di missioni, che serviranno per apportare gli ultimi ritocchi alla Stazione Spaziale Internazionale (ISS), completando dodici anni di edilizia in orbita senza precedenti. Ma rimane ancora una cosa importante da fare... Nel 2008 il Congresso americano ha approvato il lancio di una ulteriore missione dello Shuttle, previsto per il 2010, alla caccia di galassie di antimateria. Lo Shuttle trasporterà sulla ISS un dispositivo chiamato Spettrometro Magnetico Alfa (AMS), un rilevatore di raggi cosmici da un miliardo e mezzo di dollari.

Oltre a rilevare lontane galassie composte esclusivamente di antimateria, l’AMS verificherà anche le attuali teorie principali sulla materia oscura, una sostanza invisibile e misteriosa che costituisce l’83% della materia dell’Universo. Cercherà inoltre gli strangelet [particelle di materia strana], una forma teorica di materia ultramassiva contenente i cosiddetti strange quark [quark strani]. Conoscere meglio gli strangelet sarà utile agli scienziati nello studio dei microquasar e permetterà di accertare l’esistenza di piccoli buchi neri primordiali in evaporazione.

La presenza di tutti questi fenomeni esotici può essere tradita dai raggi cosmici ad altissima energia che emettono – particelle che l’AMS è abilissimo a rilevare.

“Per la prima volta, l’AMS misurerà con altissima precisione raggi cosmici ad elevata energia” spiega il premio Nobel Samuel Ting, fisico al Massachusetts Institute of Technology, che ha concepito l’idea dello AMS e ne ha guidato la realizzazione dal 1995.

Galassie di antimateria, materia oscura, strangelet — sono solo i fenomeni che gli scienziati già conoscono. Se la storia insegna, le scoperte più eccitanti saranno fenomeni che nessuno ha ancora immaginato. Proprio come i radiotelescopi e i telescopi all’infrarosso rivelarono eventi cosmici invisibili ai telescopi ottici in uso fin ad allora, l’AMS potrà mostrarci un nuovo volto del cosmo.

“Ci addentreremo in territori mai esplorati,” dice Ting. “Le scoperte possibili sono inimmaginabili”.

Ting ama confrontare l’AMS con gli acceleratori di particelle ad alta energia, come quello del CERN di Ginevra in Svizzera. Questi dispositivi
scienziato giapponese
sotterranei non rilevano i raggi cosmici che sfrecciano a elevatissime velocità nella galassia, ma producono loro stessi particelle utilizzando un’enorme quantità di elettricità. Il CERN e l’AMS applicano essenzialmente lo stesso trucco per studiare le particelle: un intenso campo magnetico per defletterle, e lastre di silicone e altri sensori all’interno dei rilevatori per seguirne le traiettorie curvilinee.

Da questi sensori fuoriescono terabyte su terabyte di dati, che vengono fagocitati da supercomputer al fine di determinare massa, energia e carica elettrica di ogni particella. Il supercomputer è una delle ragioni per cui l’AMS deve essere installato sulla Stazione Spaziale Internazionale, invece di essere lanciato come satellite a se stante. L’AMS genererà una quantità di dati troppo grande per essere trasmessa sulla terra, pertanto dovrà portarsi dietro un computer con 650 CPU per elaborare le informazioni in orbita. In parte a causa di questo computer gigante, l’AMS necessita di 2,5 kilowatt di energia — molto più di quanto possano fornire i pannelli solari normalmente usati per i satelliti, ma certamente non troppo per i 100 kilowatt disponibili sulla ISS.

“In pratica, l’AMS è un rilevatore di particelle multiuso trasportato nello spazio,” afferma Ting.

Esistono tuttavia due importanti differenze tra l’AMS e gli acceleratori di particelle sotterranei. In primo luogo, l’AMS capterà particelle, come nuclei pesanti, con livelli di energia molto più elevate di quanto possano gestire gli acceleratori. L’acceleratore di particelle più potente del mondo, il Large Hadron Collider del CERN, può far scontrare particelle con una energia combinata di circa 7 tera-elettronvolt (TeV, una unità di misura dell’energia comunemente usata nella fisica delle particelle). I raggi cosmici invece possono avere un’energia di 100 milioni di TeV o più. L’altra importante differenza consiste nel fatto che gli acceleratori producono collisioni tra le particelle per studiarle, mentre l’AMS analizzerà particelle provenienti dallo spazio profondo per conoscere meglio il cosmo.

Ad esempio, un mistero che da tempo assilla i cosmologi è il caso dell’antimateria mancante. Secondo i migliori modelli fisici attuali, il Big Bang dovrebbe aver prodotto antimateria in quantità identica alla materia. Allora dov’è finita tutta l’antimateria? Non può essere vicina a noi, perché se così fosse vedremmo emissioni di brillanti Raggi X ogni volta che l’antimateria e la materia vengono a contatto, annichilandosi. Una spiegazione possibile è che esistano remote galassie costituite interamente da antimateria. Poiché l’antimateria non ha un aspetto diverso dalla materia ordinaria, gli astronomi non sarebbero in grado di dire se una galassia lontana sia fatta di materia o antimateria semplicemente osservandola. L’AMS, però, sarebbe in grado di trovare evidenze schiaccianti dell’esistenza di galassie di antimateria; basterebbe che rilevasse anche solo un singolo nucleo di anti-elio o un elemento più pesante di antimateria.

Le collisioni dei raggi cosmici nei pressi della Terra possono, in effetti, generare particelle di antimateria, tuttavia le probabilità che queste collisioni producano un nucleo di anti-elio sono così insignificanti che il ritrovamento di anche solo un nucleo di anti-elio sarebbe altamente indicativo della esistenza di una regione remota dell’universo dominata da antimateria, dalla quale il nucleo sarebbe arrivato fino a noi.

Altri strumenti, come il satellite italiano PAMELA, si sono messi alla caccia dei nuclei di anti-elio, ma nessuno di loro è sufficientemente sensibile per poter escludere l’esistenza di galassie di antimateria. L’AMS ha infatti una capacità di raccolta di particelle 200 volte superiore di qualsiasi dispositivo finora utilizzato. Secondo Ting, se l’AMS non capterà neanche un nucleo di anti-elio, ciò significherà che non esistono galassie di anti-materia nel giro di circa 1000 megaparsec — che è come dire, fino ai limiti dell’Universo osservabile.

Un altro mistero che l’AMS aiuterà a risolvere è la natura della materia oscura. Gli scienziati sanno che l’Universo è composto per lo più di materia oscura invisibile, e non di materia ordinaria, ma nessuno sa che cosa sia. Secondo una delle teorie principali, la materia oscura sarebbe costituita da particelle dette neutralini. Poiché le collisioni tra i neutralini dovrebbero generare grandi quantità di positroni ad alta energia, se l’AMS rilevasse un eccesso di positroni energetici potrebbe dimostrare che la materia oscura è davvero composta da neutralini.
“Finalmente potremmo apprendere di cosa è fatta la materia oscura,” dice Ting.


Francesca Diodati
www.astronomia.com

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