lunedì 12 ottobre 2009

Eruzioni pliniane veloci e distruttive

Nell'esplosione del vulcano Chaitén nel maggio del 2008 il magma ha percorso tutto il canale di risalita dalle profondità della terra fino alla superficie in sole quattro ore
Le eruzioni pliniane sono notoriamente le più distruttive, ma anche le più difficili da studiare proprio perché fra un'eruzione e l'altra possono passare periodi di assoluta tranquillità della durata anche di migliaia di anni, mentre le eruzioni sono precedute da periodi relativamente brevi di attività sismica.

Eruzioni di tipo pliniano sono state quelle del Vesuvio del 79 d.C., di Santorino, nel 1640 a.C., del Krakatoa del 1883 e, più recentemente, quella del Mount St. Helens, nel 1980 e del Pinatubo, nelle Filippine, nel 1991.

Donald Dingwell della Ludwig-Maximilians-Universität (LMU) di Monaco, in Germania, e Jonathan Castro dell'Università di Orléans, in Francia, sono ora riusciti a ottenere una misurazione sperimentale della velocità con cui il magma risale nel corso di un'eruzione pliniana, attraverso lo studio delle rocce emesse dal vulcano Chaitén, nel Cile meridionale, nel maggio del 2008, un vulcano che era in una fase quiescente da circa 9000 anni. L'analisi condotta da Dingwell e Castro - descritta in un articolo su "Nature" - rivela che il magma ha percorso tutto il canale di risalita dalla camera magmatica alla superficie in sole quattro ore, a una velocità di un metro al secondo.

"La cosa è molto preoccupante - ha osservato Dingwell - poiché implica che un'eruzione pliniana può svilupparsi con una sorprendente rapidità. E in tal caso sarebbe praticamente impossibile dare un allarme adeguato, specie se il periodo di attività precedente l'eruzione è anch'esso molto breve", com'è stato appunto nel caso dell'eruzione cilena. Il primo segnale sismico premonitore è stato percepito il 30 aprile, il giorno successivo c'è stata una prima emissione di ceneri e il 2 maggio si è verificata una violenta eruzione.

Per questo, osservano i ricercatori, è necessario approfondire la comprensione e la decifrazione dei possibili segnali premonitori, che sono costituiti da movimenti sismici di minore entità e da un aumento dei gas emessi.

"Il problema sollevato da periodi di un aumento dell'attività sismica così brevi è che essi possono essere premonitori di un eruzione, ma non necessariamente. Nel caso del Chaitén sapevamo di avere di fronte un vulcano altamente esplosivo. Ciò che non sapevamo era quale tipo di attività avrebbe segnalato un'imminente eruzione", ha proseguito Dingwell, sottolineando che la struttura dell'attività vulcanica può essere osservata solo localmente, con un attento monitoraggio delle onde sismiche e l'analisi dei gas emessi.

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