Quando hanno analizzato le registrazioni dell'8 giugno i ricercatori hanno scoperto un insolito tracciato di radiazione non termica proprio in concomitanza con un'intensa tempesta di sabbia marziana. Dopo aver attentamente studiato il tracciato per determinare l'intensità, la durata e la frequenza dell'attività non termica e per indagare sulle possibili cause di quella radiazione, i ricercatori sono giunti alla conclusione che molto probabilmente si è trattato di scariche elettriche direttamente riconducibili proprio alla tempesta di sabbia.
Le conclusioni di Ruf e collaboratori, che verranno pubblicate su un prossimo numero di Geophysical Research Letters, ripropongono dunque una questione sorta già trent'anni fa a seguito delle misure effettuate dalle sonde Viking. I dati raccolti da quelle prime sonde marziane, infatti, avevano fatto emergere l'idea che anche le tempeste sabbiose del Pianeta rosso potessero essere elettricamente attive, proprio come le tempeste che si scatenano qui sulla Terra. Nell'impossibilità di un controllo diretto, l'ipotesi era rimasta in sospeso fino al 2006, quando un gruppo di ricercatori, usando modelli teorici ed esperimenti e ricerche qui sulla Terra, aveva concluso che non vi era alcuna diretta evidenza che anche su Marte potessero formarsi i fulmini. Sembrava un caso definitivamente chiuso, insomma. Solo che ora le conclusioni di Ruf e collaboratori rimettono tutto quanto in discussione.
Il bello è che la questione non coinvolge solamente la progettazione di ambienti sicuri per una possibile futura esplorazione del Pianeta rosso, ma sfocia inevitabilmente in considerazioni ancora più delicate. Come si fa, per esempio, a non correre con la mente ai famosi esperimenti che negli anni '50 collegarono il sorgere della vita a fenomeni di natura elettrica come i fulmini? E come si fa, parlando di vita e di Marte, a non lasciarsi suggestionare da fantasiosi scenari?
Le conclusioni di Ruf e collaboratori, che verranno pubblicate su un prossimo numero di Geophysical Research Letters, ripropongono dunque una questione sorta già trent'anni fa a seguito delle misure effettuate dalle sonde Viking. I dati raccolti da quelle prime sonde marziane, infatti, avevano fatto emergere l'idea che anche le tempeste sabbiose del Pianeta rosso potessero essere elettricamente attive, proprio come le tempeste che si scatenano qui sulla Terra. Nell'impossibilità di un controllo diretto, l'ipotesi era rimasta in sospeso fino al 2006, quando un gruppo di ricercatori, usando modelli teorici ed esperimenti e ricerche qui sulla Terra, aveva concluso che non vi era alcuna diretta evidenza che anche su Marte potessero formarsi i fulmini. Sembrava un caso definitivamente chiuso, insomma. Solo che ora le conclusioni di Ruf e collaboratori rimettono tutto quanto in discussione.
Il bello è che la questione non coinvolge solamente la progettazione di ambienti sicuri per una possibile futura esplorazione del Pianeta rosso, ma sfocia inevitabilmente in considerazioni ancora più delicate. Come si fa, per esempio, a non correre con la mente ai famosi esperimenti che negli anni '50 collegarono il sorgere della vita a fenomeni di natura elettrica come i fulmini? E come si fa, parlando di vita e di Marte, a non lasciarsi suggestionare da fantasiosi scenari?
fonte-www.nibiru2012.it
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